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Alla scoperta dei castelli di S. Severino Marche ( MC ) ( 2 di 2 )

Dopo la serie delle sette fortificazioni, tra castelli e torri, posti sul versante nord occidentale del Monte S. Vicino, altre quattro completavano il perimetro difensivo del territorio comunale sanseverinese. Ad est sorgevano i castelli di Serralta e Pitino, a sud Carpignano e Colleluce, mentre il Borgo di S. Severino era difeso dal Castello al Monte, o di Città, che sorge a ridosso del centro. Il castello di Serralta risulta essere uno dei più minuscoli del comprensorio e lo si raggiunge facilmente con la SP 502, risultando a metà strada tra Cingoli e S. Severino Marche.


Serralta è costruito su una base ad ellisse quasi regolare ed è interrotta solo dalla Porta castellana fortificata a nord. La costruzione risulta essere la più recente degli altri castelli, avvenuta verso la fine del XIII secolo. La sua storia però parte da molto più lontano come insediamento piceno e poi romano, tra le città di Septempeda e Cingulum, come castello a nome Civitella. La posizione appartata del castello lo tenne al riparo dal passaggio delle varie orde barbare che si susseguirono negli anni bui, dopo la caduta dell' Impero Romano. Serralta ebbe un nutrito numero di abitanti e si alleò con i signori terrieri della Roccaccia sul Monte Acuto. Nell' espansione territoriale di S. Severino, questi acquistò i vari castelli e torri per adibirli a propria difesa; con Serralta le cose andarono diversamente. Non potendo averla lecitamente i sanseverinesi la presero con l' inganno e la distruzione. Con le macerie della vecchia Civitella fu costruita la nuova Serralta. Nella fotografia è presentato il cortile interno del castello, diventato sagrato della Chiesa di Sant' Apollinare, il cui presbiterio è ricavato nella torre difensiva della Porta fortificata.
Scendendo verso S. Severino Marche e prendendo la deviazione alla frazione Cesolo, in pochi chilometri si arriva a Pitino. Questi, dopo il Castello al Monte, è quello più rappresentativo ed importante, grazie alla posizione su un rilievo a cono a 600 metri d' altezza, alla sua alta torre e alle robuste mura. Per la sua posizione strategica di controllo e sicurezza venne conteso tra settempedani e città vicine per lunghi periodi. Anche questo sito prese inizio da insediamenti piceni e poi romani, i cui reperti sono oggi visitabili al Museo Archeologico di S. Severino Marche. Pitino soppravisse anche alla distruzione della Septempeda romana nella valle e nei secoli si trasformò in un agguerrito castello. Il nome sembra derivi dal nobile romano Marco Petilio, che fu a capo della città ai tempi delle invasioni barbariche. I disaccordi tra gli eredi dell' originaria famiglia feudale di Pitino portò alla guerra fratricida con distruzione del castello. Il castello fu poi ricostruito, ma le contese continuarono per concludersi solamente con la conquista delle Marche da parte di Federico II di Svevia che, nel 1239, lo affidò definitivamente alla città di S. Severino.
La straordinaria visione panoramica dalla vetta del colle di Pitino permette di vedere un' ampia visione di monti e colline in tutte le direzioni. Anche per questa sua posizione, nelle numerose guerre tra città avversarie, mantenne la sua fama di imprendibilità. La cerchia di mura racchiude un ampio territorio che, in caso di assedi, permetteva la coltivazione di orti e allevamenti animali, oltre alla presenza di una capiente cisterna per l' acqua. L' ultimo assedio, quello decisivo nel 1426, vide l' ultimo rappresentante della nobile famiglia sanseverinese degli Smeducci cercare di opporsi alla sottomissione papale, senza riuscirci. Una grossa porta d' accesso fa entrare nel lungo cerchio delle mura, circa quattrocento metri, difeso da diversi torri. Rimane isolata e maestosa la torre del mastio alta venti metri, con a fianco una piccola chiesa. Delle originarie strutture del castello sono rimaste poche tracce e anche la chiesa parrocchiale è stata realizzata nei secoli successivi. Nonostante i pochi resti la visita al castello di Pitino resta sempre un' esperienza emozionante, sia per i panorami che regala e sia per le storie umane che ogni angolo sembra sussurrare al moderno visitatore.
Da Pitino, per raggiungere i castelli di S. Severino sul versante meridionale, bisogna scendere nella valle del fiume Potenza e prendere la provinciale per Serrapetrona. Al valico si trova Colleluce ed alcuni chilometri più a sud, in direzione Tolentino, il castello di Carpignano. Esso risulta molto rovinato e l' ultimo terremoto ha peggiorato le cose. Ma un' attenta visita fa intuire la sua antica storia e l' importanza strategica difensiva per il territorio comunale. Posto sulla riva del torrente Cesolone aveva anticamente un mulino, che risultava una delle risorse fondamentali del castello. Questi fu la residenza di un signorotto locale che dovette difendere la sua proprietà dalle mire di S. Severino e la vicina Camerino. Fu al centro di diverse lotte e distruzioni, ma fu sempre ricostruito. Passò in via definitiva alla città settempedana grazie alla concessione di Papa Urbano VI nel 1369.Tra gli assedi più volenti di Carpignano ci fu quello del 1416 quando fu occupato e poi distrutto dai Da Varano, per ritorsione per precedenti lotte e tradimenti e quello finale dell' inizio del Cinquecento.
Una breve visita porta a superare l' arcata dell' ingresso, che risulta ora isolata dal resto del complesso, e ci si ritrova di fronte al nucleo difensivo con la l' alto mastio difeso da due torri angolari cilindriche. Più lontano si nota la scarpata con tracce dell' antica cerchia muraria. Quest' insediamento aveva la sua importanza strategica al confine con il Ducato di Camerino e comunicava mediante fuochi o fumo eventuali pericoli con gli altri castelli e quello principale di Castello al Monte.









Tornati in direzione della provinciale S. Severino - Serrapetrona si scorge subito l' alta collina boscosa del castello di Colleluce. L' alto campanile della Chiesa di S. Giovanni del XII secolo si eleva all' apice della collina sui resti dell' antico castello del XI secolo. Il nome del posto richiama al " colle della luce ", ma potrebbe derivare anche da " lucus ", bosco sacro, o da " Lucius " un antico patrizio romano proprietario della zona. Attorno all' anno Mille fu costruito l' originario castello di Colleluce, a seguito di lotte e distruzioni tra l' Abate del vicino monastero di S. Mariano in Valle Fabiana e il Vescovo di Camerino. In seguito questo castello entrò nella storia politica, sociale e militare di S. Severino come elemento difensivo del territorio.
Quasi più niente è rimasto del grande e potente castello di Colleluce medievale; lotte, distruzioni e rimaneggiamenti vari l' hanno trasformato in un tranquillo borgo contadino dell' entroterra maceratese. L' unica traccia consistente sono le mura, seppure dimezzate e a tratti che girano attorno all' abitato e che fanno ricordare, attraverso un bel camminamento pedonale tra pini e cipressi, l' antica funzione militare del complesso. La posizione è super panoramica e fa capire chiaramente la scelta strategica dell' insediamento di questo castello.


Il dodicesimo castello di S. Severino è ovviamente quello al Monte, detto anche di Città. E' facilmente riconoscibile da lontano grazie alle due torri, entrambe pendenti con un' inclinazione differente. Una bella cerchia di mura collega la struttura alta al Borgo, con diversi torrioni e sette porte. Sul pianoro del colle sono presenti tutte le vecchie istituzioni comunali medievali: l' alta torre degli Smeducci, signori della città, la Cattedrale e i resti del palazzo consolare, ora inglobati nell' orto del Convento di S. Chiara. Questa zona era la Piazza del Comune e vi si affacciavano i più importanti edifici simboli della comunità, dei poteri politici e religiosi e vi si tenevano importanti riunioni e feste. La massiccia torre garantiva le comunicazioni visive con gli altri castelli e torri del circondario, per garantire pace e sicurezza ai cittadini di S. Severino. La storia di S. Severino deriva dall' antica città romana di Septempeda, situata a pochi chilometri dall' attuale abitato cittadino, nella valle del Potenza e poi abbandonata a causa delle invasioni barbariche. I profughi cercarono rifugio nella non lontano rilievo del Monte Nero, edificandovi il primo nucleo fortificato che, in seguito fu ingrandito e completato con un Borgo a valle per attività commerciali e artigianali.


                                                                     di William Tallevi


                                                              

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