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CASTELLO DI AVACELLI dal 1248 d.C. - ARCEVIA


AVACELLI, castello (castrum Lavacellorum)

Avacelli è uno dei più importanti castelli arceviesi, posto ai confini del territorio comunale verso Serra S. Quirico.

Il Castello di Avacelli, attestato dal 1248, venne fondato da Rocca Contrada su di una collina al confine con il territorio di Serra S. Quirico. Dell’antica struttura difensiva, risalente alla fine del ‘300, rimane la bella porta d’ingresso con il rivellino e parte della cinta muraria in pietra, completamente priva di scarpa. Interessante la chiesa castellana di S. Lorenzo (2ª metà sec. XV), che conserva al suo interno uno spettacolare dossale in terracotta dipinta rappresentante la Madonna della Misericordia (sec. XVI), attribuibile ad un artista marchigiano influenzato sia dall’Agabiti sia dalla bottega robbiana di Fra Mattia.
Ai piedi della collina, in una valle appartata nella boscaglia, sorge l’importante chiesa di Sant’Ansovino (sec. XI), unica testimonianza locale di architettura romanica, con facciata a capanna, abside semicircolare, ed archetti ciechi sulla parete laterale destra. Oltre alla croce in cotto incastonata nella facciata, pregevoli sono gli antichi capitelli reimpiegati, di probabile origine altomedievale, gli affreschi e le sinopie contenute all’interno.

STORIA

La presenza dell’uomo primitivo è documentata anche in quest’area con ritrovamenti sporadici avvenuti, specie verso fine Ottocento, nelle località di Appurano, Avacelli, Bosimano, Protanara, S. Michele di Prosano, Colle di Corte. I reperti attestano insediamenti abitativi riferibili per lo più al periodo eneolitico e strette affinità con la cultura del villaggio di Conelle. Il materiale archeologico rinvenuto faceva parte della collezione di don Antonio Moricone parroco della Rocchetta, acquistata poi dal noto archeologo Brizio.


Il castello di Avacelli, posto ad un’altitudine di 485 m. sul livello del mare ed in una zona ricca di fossi e torrenti tributari del fiume Misa, deriverebbe il suo nome (castrum Lavacellorum) da un possibile “labes”, frana, luogo scosceso o piuttosto da “lavaclum” (lavacrum), bagno, fonte.

Avacelli sorge entro gli antichi confini del ducato longobardo di Spoleto ai limiti con i territori bizantini della Pentapoli, nel gastaldato di Castello Petroso (Pierosara di Genga). Il ducato estendeva verosimilmente la sua influenza ad est di Arcevia fino a Santa Croce, S. Maria delle Grazie ed il monte S. Angelo e verso Senigallia fino a Castiglioni, Montale e Piticchio almeno sino a che queste ultime località divennero possesso feudale, dopo il Mille, del vescovo di Senigallia.

Nell’alto medioevo il ducato di Spoleto era collegato con l’Adriatico attraverso un itinerario che per Colfiorito, Camerino raggiungeva Castello Petroso proseguendo da una parte per la gola della Rossa lungo l’Esino, dall’altra per S. Ansuino di Avacelli lungo il Misa. Castello Petroso rappresentava dunque l’epicentro di collegamento di una vasta area, a forte presenza longobarda, di rilevanza strategica fra l’alto Esino e il Misa.
Il territorio di Avacelli, in cui è documentata dal 1082 la chiesa di S. Ansuino, fu assoggettato alla giurisdizione della diocesi di Camerino.

Il documento più antico che ricorda la villa di Avacelli (Lavacelli) è del 1248 in occasione della sua sottomissione all’emergente comune di Rocca Contrada. È possibile che Avacelli sia stato edificato a seguito dell’abbandono del più antico insediamento di Castelvecchio, individuabile nell’omonimo toponimo a nord del castello.

La fortificazione di Avacelli risale ai primi anni del 1400. La sua cinta muraria con la porta di accesso ad arco acuto e l’annessa torre semicircolare, pur avendo subito numerosi restauri, conservano ancora oggi la loro struttura originaria.

Tratto della cinta muraria
Nel 1407 il castello venne preso dalle milizie di Lodovico Migliorati che assediavano Rocca Contrada. Il contingente arceviese comandato da Matteo di Giovanni Angelucci fu sopraffatto dagli assalitori guidati da Ciccolino da Perugia. Il castello fu liberato da Braccio da Montone dopo che, rotto l’assedio del Migliorati, fu proclamato signore di Rocca Contrada.

Dopo la morte di Braccio, avvenuta nel 1424, Rocca Contrada tornò sotto il dominio della Chiesa ed il governatore della Marca, Pietro Colonna, ne prendeva possesso il 13 ottobre dell’anno dopo essere passato per Avacelli e Magnadorsa. Nel 1426 il castello di Avacelli fu concesso a Ludovico Colonna che lo tenne però solo qualche anno. Nel 1431 era infatti già tornato sotto Rocca Contrada che nominava un capitano per governarlo.

Anche Avacelli come gli altri castelli arceviesi mantenne fino all’unità d’Italia una certa autonomia amministrativa con proprie rendite ed entrate, un consiglio, un’abbondanza, un forno, un proprio capitano e successivamente un sindaco.

Nel 1861 perse le prerogative di comune appodiato fu confermato ad Arcevia. Nel censimento effettuato nel dicembre dell’anno risultavano nel castello 48 famiglie con 219 abitanti, nei dintorni gli abitanti erano 232.

Nel 1867 Avacelli e Prosano avanzarono al Prefetto di Ancona la richiesta di separazione dal comune di Arcevia per essere aggregati a Serra S. Quirico. Tra le motivazioni addotte, la lontananza dal capoluogo, la mancanza di buone strade, l’eccessivo carico di tasse. Ma la ragione vera era forse da ricercare nel possibile collegamento diretto con la linea ferroviaria Roma Ancona che aveva scalo nella stazione di Serra S. Quirico. La richiesta fu però respinta. Verso la fine del XIX sec. il comune di Arcevia riuscì comunque a dotarsi di un’efficiente rete viaria che consentì di collegare in modo rapido le sue frazioni al capoluogo ed il suo territorio ai maggiori centri della regione.

Attualmente il castello è apprezzato specie nei mesi estivi per il suo clima, la bellezza del suo paesaggio fitto di boschi, i vini ed i prodotti genuini. Nel mese di maggio vi si svolge una rinomata sagra degli asparagi.

Avacelli vanta inoltre un consistente patrimonio artistico che ha il suo epicentro nella chiesa parrocchiale di S. Lorenzo ed in quella sottostante di S. Ansuino. Vanno anche ricordate le chiese di S. Antonio, della Madonna di Loreto presso il castello, l’antica S. Maria di Piedimonte, risalente al XIII sec., nella contrada omonima in territorio di Serra S. Quirico. Questa dipendente almeno dal XVII sec. da S. Lorenzo di Avacelli, oggi non è più esistente. L’antica chiesa di S. Martino di Fugiano documentata già nel 1172 (CSV n.110) sorgeva presso l’omonima villa, sotto Avacelli verso Castiglioni. Dipendente dalla pieve del Colle fu parrocchia dal 1387 ad almeno il 1445.

Nel catasto gregoriano del 1818, in territorio di Avacelli contrada Fugiano (Fuggiano), sono registrate vaste proprietà dei conti Della Genga. Tra queste, alcune case di abitazione con l’oratorio della Beata Vergine della Contrizione di proprietà di Matilde Genga sorella del cardinale Annibale (papa Leone XII dal 1823 al 1829), proprietario anch’egli di case, terreni e boschi. Nel 1862 questa chiesa, ancora di patronato della famiglia, era intitolata a S. Maria. I conti Della Genga, signori dell’omonimo castello, ebbero estesi possedimenti anche nei territori di Prosano e Rocchetta.

Sulla sommità del castello è posta la parrocchiale di S. Lorenzo. Questa chiesa fu probabilmente edificata, forse su una preesistente cappella, agli inizi del XV sec. quando l’abitato di Avacelli fu fortificato ed elevato alla dignità di castello per le sue riconosciute funzioni di punto nevralgico del sistema difensivo militare arceviese.

La chiesa di San Lorenzo
La chiesa de Sancto Lorenzo de Lavacelli viene espressamente menzionata nel pagamento delle decime al vescovo di Camerino negli anni 1509-1537. Fu elevata a parrocchia solo dopo il 1520, mentre prima di allora era soggetta a quella di S. Ansuino.

La chiesa ad unica navata con tetto a capriate ha una facciata dalle forme semplici con portale ad arco a tutto sesto ed un leggero fregio nella parte superiore. Sull’altare maggiore è collocato, murato nella parete, il dossale rappresentante LA MADONNA DELLA MISERICORDIA E DEL ROSARIO terracotta policroma attribuita ad Ercole Ramazzani e bottega; ca. 1580.

La Madonna con il Bambino, che sparge rose, ha ai suoi lati S. Domenico e S. Lorenzo titolare della chiesa. Sotto l’ampio manto si raccolgono in preghiera, recitando il rosario, gruppi di fedeli. Tra gli uomini a sinistra anche un santo monaco, con una catena, identificabile con S. Leonardo di Limoges, protettore dei contadini ma soprattutto dei detenuti, a cui si rivolgono alcuni oranti per chiederne l’intercessione nei confronti della Madonna.

Nella cornice i misteri del rosario sono delimitati agli angoli da rose rosse; in basso, al centro, è visibile la formella con la Veronica che mostra il telo con il volto di Cristo. Telo che veniva esposto in S. Pietro a Roma durante il giubileo; fu mostrato nel 1575 e nel 1600, dopo tale data si perdono le sue tracce.

Il quadro centrale è inserito in un imponente impianto architettonico costituito da due colonne, completamente decorate con angioletti recanti i segni della passione di Cristo, con capitello di ordine corinzio. Le colonne reggono tre elementi di trabeazione a motivi floreali e geometrici. Nel secondo elemento teste di angeli si alternano, delimitate da delfini, a mascheroni. Nel basamento volti di nobildonna ornati di rose si alternano ad angioletti che reggono rosari.

Tutto l’impianto poggia su due basi rettangolari che nella parte anteriore hanno raffigurati due testine d’angelo e un motivo decorativo culminante con testa di uccello rapace.

Quest’opera, dopo la scoperta di alcuni documenti che attestano l’attività di plasticatore di Ercole Ramazzani, andrebbe assegnata a questo artista ed alla sua bottega, nella quale doveva svolgere un ruolo importante suo cognato, lo scultore Giovanni Battista Bosani.

Questa monumentale opera in terracotta, frutto del lavoro di più persone e databile attorno agli anni ottanta del XVI secolo, potrebbe essere stata commissionata da una facoltosa famiglia del luogo, ritratta tra gli oranti; forse legata ai conti Della Genga, che avevano cospicui possedimenti nel territorio di Avacelli ed a cui sembrerebbe rimandare l’elemento decorativo della base rettangolare con testa di uccello rapace

Particolare attenzione merita il santo monaco Leonardo di Limoges, tenuto in venerazione per la sua protezione ai carcerati, in Francia, nelle Fiandre e nella Baviera, ma quasi sconosciuto nelle nostre zone. Questo santo ben si lega però con le vicende militari che sul finire del sec. XVI coinvolsero numerosi arceviesi, soprattutto nelle guerre di religione in Francia ed in Fiandra al seguito del principe Alessandro Farnese. A questi ultimi avvenimenti in particolare parteciparono le maggiori famiglie arceviesi, tra cui i Mannelli, gli Orsini, i Fossi, i Taruchi ed inoltre il conte Annibale Della Genga e numerosi soldati del contado. Queste guerre procurarono certamente morti, ma soprattutto prigionieri. E per la loro liberazione gli oranti del dossale di Avacelli imploravano il santo Leonardo, offrendo una testimonianza religiosa importata da quelle lontane terre. Tra i prigionieri ci risulta essere stato, nel forte di Lilla, anche Girolamo j. Mannelli fratello di Camillo, successivamente riscattato dallo stesso principe Alessandro Farnese. La moglie Giulia Nasuti (+1592), che ebbe tra i suoi tutori il conte Onofrio Della Genga, potrebbe aver commissionato il dossale d’altare. Con denari lasciati per testamento dalla stessa Giulia fu commissionato nel 1596 ad Ercole Ramazzani da Flaminio e Girolamo j. anche il dossale in terracotta per la chiesa di S. Maria dei renali.

Nella parete a sinistra entrando, è murato un crocifisso in terracotta dipinta, di ispirazione robbiana, che l’Anselmi ed il Serra assegnarono a fra Mattia della Robbia, ma che il Marquand ritenne di un suo imitatore. Altro simile doveva esistere (notizia questa fornitaci dallo stesso Anselmi, ma di cui da tempo si è persa memoria) nell’oratorio del Salvatore di Torre di Arcevia, ed altro ancora nella collezione dello stesso Anselmi, su di una croce di legno. Recentemente ho avuto notizia di altro crocifisso in terracotta esistente presso una famiglia in contrada Colle di Corte. Nella chiesa di S. Janne di Rocca Contrada E. Ramazzani restaurò più volte un crocifisso grande, molto probabilmente di terracotta e di sua produzione. Questo di Avacelli potrebbe essere uno di quelli usciti dalla sua bottega.

Ai lati dell’altare maggiore sono visibili, restaurati, i resti degli affreschi che dovevano decorare tutta la parete e rappresentano un santo vescovo e la Madonna con il Bambino. Ancora alquanto leggibili rivelano forti tangenze con la pittura di Giampaolo Ramazzani (1581 †1662), in particolare con i santi delle tavole per il basamento del Battesimo del Signorelli in S. Medardo.
Da notare ancora le due statue in legno di S. Ansuino con il mano il plastico del castello di Avacelli e S. Venanzo. Richiamano i tipi dei lavori eseguiti in S. Medardo dagli intagliatori L. Scaglia e F. Giglioni, a cui andrebbero attribuiti.

Sulla parete a destra entrando è collocata la grande tela rappresentante Le anime purganti. L’opera ripete lo schema compositivo ricorrente in soggetti simili, con la SS.ma Trinità nella parte alta, la Madonna intercedente al centro, mentre in basso sono rappresentati S. Gregorio Magno ed un confratello della Compagnia del Suffragio, committente del quadro, che versa l’acqua purificatrice. La tela va assegnata al pittore Giampaolo Ramazzani (1581 †1662) figlio di Ercole per i riferimenti stilistici che presenta, come la bella figura del confratello, nel tipico sacco e con bastone, che ripropone nei lineamenti quel tipo femmineo idealizzato, dolce e sereno, costantemente presente nelle sue opere.

La Compagnia del Suffragio di Roma, intitolata alla SS. Maria Vergine, a cui erano aggregate tutte le altre, ebbe approvati gli statuti da Clemente VIII nel 1594. Si può credere che le Confraternite di Rocca Contrada, di Avacelli e di altri castelli arceviesi, come quella fabrianese, vennero erette tra gli anni venti e quaranta del XVII secolo.

Sulla parete a sinistra entrando è visibile la pregevole tela cinquecentesca con la Madonna in trono ed i SS. Lorenzo e Bernardo. Pervasa da una rasserenante e nitida atmosfera mattutina, l’opera è riferibile, d’accordo con il Donnini, ad un probabile pittore emiliano. Al 1660 risalgono il fregio ornamentale sottostante ed in alto Dio Padre tra angeli, aggiunte posteriori forse di un artista locale.

In sagrestia è conservata una bella tela, di piccole dimensioni con cornice ottocentesca, rappresentante una Madonna a mezzo busto. Non è nota la sua provenienza e potrebbe essere stata donata alla chiesa da qualche famiglia del castello. Il soggetto rappresentato, anche per tecnica di esecuzione, rimanda a quella tipologia femminea, dolce e serena, caratteristica delle opere di Giampaolo Ramazzani.

Dall’alto a sinistra E. Ramazzani, Madonna del rosario (terracotta), G. Ramazzani, Madonna con B.( affresco), L. d’Alessandro, Battesimo di Cristo (dep. Urbino, Gall. Naz. d’Arte)

Per questa chiesa Lorenzo d’Alessandro da S. Severino (not. 1462 †1503) dipinse una raffinata tavola con il Battesimo di Cristo nel Giordano (158x115 cm.). Quest’opera fu inviata a Roma nel 1851 al cardinale Della Genga per essere venduta al papa, per 500 scudi romani. Non se ne fece nulla per le proteste della popolazione e su disposizione prefettizia del 12 aprile 1867 fu fatta ricollocare in chiesa. Attribuita dal Mancini (1905) a Luca Signorelli, fu confermata dal Serra (1924) alla bottega del Signorelli. Il Molajoli (1927) in polemica con il Serra la assegnò a Lorenzo d’Alessandro e la ritenne “uno dei più bei pezzi della pittura marchigiana del Quattrocento e nel novero delle opere più suggestive e fascinatrici del pittore sanseverinate”.

Questa tavola fu trasferita prima del 1930 in deposito temporaneo presso la Galleria nazionale d’arte di Urbino dove tuttora si trova, in attesa di essere restituita.

LA CHIESA DI S. ANSUINO

Questa antica chiesa è situata sotto Avacelli presso il fosso di Fugiano lungo la strada che conduce a Serra S. Quirico. Nelle adiacenze di questa chiesa, vicina alla “fossa de l’omo morto”, nell’alto medioevo passava la strada che collegava l’importante insediamento longobardo di Castel Petroso (Pierosara) con la Pentapoli bizantina e quindi con il versante adriatico.

La chiesa di Sant'Ansovino
Il più antico documento che la menzioni è del 1082 e riguarda donazioni di terre all’abbazia di S. Vittore da parte di possidenti longobardi. Nel 1199 la chiesa è inserita nel privilegio di Innocenzo III tra le proprietà dell’abbazia di S. Elena sull’Esino. Successivamente dovrebbe essere stata compresa in una magione agricola proprietà di membri dell’Ordine Templare (approvato nel 1128, ma abolito nel 1311). Nel 1308 Clemente V ordinava ai vescovi di Jesi e Fano di inquisire contro i Templari presenti nelle loro diocesi tra cui quelli della magione di S. Ansuino. All’Ordine andrebbe riferita l’insegna della croce astile con sei palle, in pietra bianca, sulla facciata della chiesa.

Al ducato di Spoleto subentrò, in quest’area, la giurisdizione del comitato e della diocesi di Camerino a cui rimanda l’intitolazione della chiesa a S. Ansovino (o Ansuino) vescovo e protettore di quella città.

La chiesa, documentata dal 1082 ma certamente risalente al secolo precedente, è ad unica navata e misura 4,60 x 8,30 m. È a pianta rettangolare con tetto ricostruito a capriate e con abside semicircolare, profonda 1,50 m., al centro della quale si apre una monofora a doppio strombo. L’abside all’esterno è decorata da quattro colonne con capitelli che si congiungono ad una semplice fascia superiore.

All’esterno la chiesa conserva, pur rimaneggiata, la sua struttura originaria alto medioevale, riferibile al X- XI sec., con la facciata tripartita da due lesene a leggero aggetto. La croce astile con sei palle, il portale con arco a tutto sesto e l’occhio superiore sono più tardi, come sulla parete esterna destra la decorazione ad archetti interrotta da una monofora visibile, a pietra bianca, e da un’altra con una porta inglobate invece nella casa colonica. Alla struttura originaria appartiene anche il sottostante locale (3,60 x 5,70 m.) composto da due vani comunicanti, destinato ad ossario o sacrario, che si raggiunge da un accesso laterale.

Facciata della chiesa di Sant'Ansovino
Assai pregevole all’interno la decorazione dei capitelli. Su quelli alla sinistra dell’abside sono rappresentate figure di oranti, la cui tipologia è tipica dell’arte alto medioevale delle aree ad influenza longobarda. Di particolare interesse la figura centrale femminile rappresentata con orecchini e corona, certamente di rango regale. A questa si contrappone nei capitelli collocati alla destra dell’abside una figura maschile anch’essa coronata. Due personaggi regali, protettori forse della chiesa. Accanto alla figura femminile si erge un’aquila maestosa simbolo di potenza e nobiltà. Queste figure coronate, caso unico nella zona per l’arte romanica, come altri elementi decorativi potrebbero però derivare da materiale di reimpiego appartenente ad altro edificio religioso più antico. Sulla parete destra della chiesa, entrando, è conservato un interessante affresco raffigurante la Madonna con il Bambino, databile tra la fine del XV sec. e gli inizi del XVI sec., di scuola umbro marchigiana.

Parrocchia dal 1376 al 1520 e successivamente dipendente da S. Lorenzo di Avacelli, S. Ansuino fu officiata sino verso la metà del XIX sec. Restaurata e riaperta al culto negli anni Novanta del XX sec. ha recuperato tutta la sua suggestione di luogo di culto dell’alto medioevo dalle forme austere e semplici di antica sacralità.


Paolo Santini / http://www.arceviaweb.it/

"Cogliamo l'occasione per ringraziare gli amici di Marche da Vivere e L'incanto dei Sibillini con i quali abbiamo passato una splendida giornata" The Marche Experience

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