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Camminando da Caldarola ( MC ) ai suoi castelli


Caldarola, antico borgo dell’ entroterra maceratese, è un piccolo centro posto in uno splendido ambiente naturale, rinomato per la presenza del maestoso Castello Pallotta e dalle notevoli bellezze storiche artistiche. Il suo territorio comunale presenta consistenti e suggestive tracce di un lontano passato. L’ origine del primo nucleo del paese è tradizionalmente fatto risalire ad un gruppo di Cristiani del IV secolo d. C. per sfuggire alle persecuzioni. Essi arrivarono nell’ attuale rilievo del Colle del Cuculo, l’ attuale Colcù, dove fortificarono il loro insediamento. Un’ altra ipotesi, più concreta, è che Caldarola sorse tra il IX e X secolo come borgo rurale addossato ad un edificio militare longobardo o bizantino. Anche la denominazione del paese è incerta, l’ ipotesi più realistica è che esso derivi da un antico impianto termale, alimentato da sorgenti di acque calde. Per questo motivo nello stemma comunale appare l’ immagine di un caldaio.



La storia medievale di Caldarola vede il territorio comunale coinvolto nella lotta tra Papato ed Impero e, per assicurarsi la fedeltà di Camerino, i Pontefici lo concessero ai Da Varano. L’indipendenza comunale fu raggiunta solo agli inizi del ‘ 400 con una bolla del Papa Eugenio IV. Fu con la nobile famiglia dei Pallotta che Caldarola, in pieno ‘ 500, riuscì ad avere un’ emancipazione politica ed una fioritura artistica, tanto da trasformarsi in una cittadina rinascimentale ideale. Solo la rivoluzione francese e relativo periodo napoleonico turbarono il lungo dominio della Chiesa, prima dell’ annessione al Regno d’ Italia. Caldarola deve il suo lineare ed innovativo assetto urbanistico ed architettonico al Cardinale Evangelista Pallotta. Questi era un uomo illuminato e  con l’ autorità acquisita a Roma, tornò nel suo borgo natio per rinnovare urbanisticamente il suo antico assetto medievale. 



Le nuove idee urbanistiche rinascimentali portarono ad  avere un epicentro ideale nell’ attuale Piazza Vittorio Emanuele, dove si affacciano specularmente i principali edifici pubblici e religiosi. Qui convergono le rinnovate vie, larghe e rettilinee, che uniscono borgo con il sovrastante Castello Pallotta. Sul lato orientale della piazza sono presenti la Collegiata di San Martino, con il campanile che è anche Torre Civica. Al suo fianco è il cinquecentesco Palazzo del Podestà, con il Museo Civico ordinato nei sotterranei e la presenza del Teatro Comunale. Di fronte a questi edifici è posto il Santuario Maria Santissima del Monte ( 1780 ), a fianco del quale ci sono le vie che convergono sul castello. Sul rilievo cittadino esso domina l’ abitato e lo abbellisce con le sue armoniche forme rinascimentali. In tempi remoti, prima della ristrutturazione della famiglia Pallotta, era presente il castrum feudale.



L’ antico castello fu trasformato dal Cardinale Evangelista Pallotta in un’ armonica residenza estiva. Conserva intatte le mura con la tipica merlatura guelfa, i camminamenti di ronda ed il ponte elevatoio. Sono presenti un bel parco interno, molte sale completamente ammobiliate, con opere d’ arte e collezioni varie, una notevole biblioteca, una sala d’ armi e servizi vari. La ristrutturazione moderna ha trasformato il complesso in una dimora storica disponibile per eventi, cerimonie di classe. Purtroppo, a causa del recente evento sismico, il Castello Pallotta ed i principali edifici di Caldarola sono inagibili. Attorno a Caldarola, alle pendici del M. Fiegni, quattro piccoli castelli, Vestignano, Croce, Pievefavera e Valcimarra, controllano il territorio comunale fin dai tempi remoti. Vestignano, nella fotografia, è il più integro e rappresentativo di questi.





Un piccolo percorso tra il verde delle colline collega i quattro castelli a Calderola. Questi, nel corso del tempo sono appartenuti prima all’ Abbazia di Casauria in Abruzzo, poi ai Da Varano di Camerino ed infine ai Pallotta. Uscendo da Caldarola in direzione Cessapalombo si prende subito la deviazione a destra per Vestignano. La strada incomincia a salire ed una deviazione, il Sentiero De Magistris, aiuta a tagliare i tornanti sovrastanti ed arrivare a destinazione camminando tra la natura. Il nome del sentiero è dedicato alla famosa famiglia di pittori, che in epoca rinascimentale lavorò per i Pallotta e riuscì a creare uno stile manieristico di buon livello. Il sentiero termina di fianco alla Chiesa di S. Martino, appena sotto al borgo castello di Vestignano, dove i De Magistris hanno lasciato diverse opere importanti.  




Il castello presenta resti dell’ impianto urbanistico medievale e le strutture difensive di quel periodo. Molto significativi sono il torrione cilindrico angolare, l’ alta cinta muraria dove si aprono una serie di finestroni, nel camminamento corrispondente e la rampa d’ accesso su un torrione squadrato. L’ interno del castello è un dedalo di vicoletti, scalinate e passaggi a volte tra stretti ed alti edifici. Il  recente sisma ha lasciato evidenti tracce del suo passaggio. Tornando verso Caldarola e prendendo il primo bivio sulla sinistra si arriva al Castello di Croce. L’ edificio militare sorge maestoso sopra il nucleo del borgo, mantenendo intatta la struttura medievale costruita con grosse pietre squadrate. Il massiccio torrione è diventato il campanile della chiesa parrocchiale, che presenta interessanti opere dei De Magistris.






Anche il Castello di Croce e la Chiesa di S. Antonio Abate al suo interno, sono inagibili a causa dell’ ultimo terremoto e la visita, per ora, è solo esterna. I prossimi castelli del percorso, Pievefavera e Valcimarra, sono un po’ più lontani e bisogna scendere verso le sponde del lago di Caccamo, detto anche di Borgiano. Camminando sulle ultime pendici boscose del Monte Fiegni e i rilievi coltivati che degradano verso le sponde del lago il procedere è tranquillo e panoramico. Alla fine della discesa s’ intravede il borgo castello di Pievefavera, che si erge solitario su un promontorio a dominare il sottostante bacino artificiale.








L’ abitato di Pievefavera si allunga sul pendio con la parte alta dominata dal Castello, posseduto dalla famiglia Da Varano di Camerino fin dal XIII secolo. Vari restauri successivi hanno interessato il complesso e anche qui la chiesa parrocchiale si è inserita nella struttura militare. Questa ha un bel portale romanico, l’ interno barocco e conserva al suo interno pregevoli tele del XVI secolo.  La parte alta è collegata a quella bassa di ripidi vicoli e scalinate e difesa da tre cinte murarie e quattro torrioni. Pievefavera  ha belle  ed antiche abitazioni a mattoni a vista, collegate tra loro in un abbraccio difensivo ed aggirarsi tra queste è come fare un tuffo nel passato. Molto belli sono anche gli scorci panoramici sulla valle del Chienti e sul lago di Caccamo. Sulle sue sponde sorge un’ area archeologica d’  epoca romana con resti di un’ estesa villa rustica. I diversi reperti del 1 sec. D. C. ritrovati sono stati collocati presso l’ Antiquarium di Pievefavera e testimoniano l’ antica presenza romana della zona. 


L’ ultimo castello di Caldarola è quello di Valcimarra, che si raggiunge costeggiando la parte occidentale del lago di Caccamo. In realtà  di militare resta solo i ruderi di una torre di avvistamento a pianta quadrata. Risale al XIII secolo ed è situata tra Campolarzo e Pietrafavera. Il borgo ha perso le caratteristiche del castello ed è diviso in due località: Valcimarra sul fondovalle e Valle sulle prime colline. Poco lontano, in località Bistocco, resta i ruderi di un’ altra torre di guardia circolare, facente parte della catena di fortificazioni del Ducato di Camerino. Poco lontano dalla località Valle ci sono i resti del monastero di S. Benedetto e la piccola Chiesa della Madonna del Sasso, sorta forse sul luogo di ritiro di qualche eremita. Per il ritorno a Caldarola basta seguire la vecchia SS 77, costeggiando il lago di Caccamo o avere avuto l’ accortezza di posizionare un mezzo per il ritorno. Un’ interessante occasione per fare questo percorso è durante la manifestazione estiva della Magnalonga dei 5 Castelli organizzata dalla Pro Loco di Caldarola.





                                                                                          di William Tallevi



                                                                         



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